A volte ci sentiamo come se fossimo irreali, come se la nostra quotidianità fosse solamente un sogno, come se non avessimo più alcuna consapevolezza del mondo esterno. Ci sentiamo vuoti ed insoddisfatti, mentre le parole di Jack White, dell’ultimo brano, “Terminal Archenemy Ending”, di questo intenso album, risuonano dentro di noi.
Abbiamo, davvero, ascoltato tutto quello che c’era da ascoltare? Abbiamo, davvero, visto tutto quello che c’era da vedere? Forse è ciò che vorrebbero farci credere, così da renderci più mansueti, così da mantenerci in uno stato permanente di dipendenza, lontani dalle leve del controllo e del potere e, soprattutto, completamente ignari delle verità che si celano dietro i voraci ingranaggi delle loro macchine globali di predominio e supremazia.
“No Name” tenta di essere più forte della confusione e della cacofonia virtuali che ci sovrastano, il suo blues-rock esplosivo rimette al centro delle sue riflessioni e delle sue scosse elettriche la nostra libertà. Una libertà che deve essere, innanzitutto, condivisa e partecipata, altrimenti, se ci ostiniamo a vivere nei nostri modelli agiati di solitudine, non potremo mai sentirci veramente liberi. Queste tredici canzoni, che incastonano dentro di sé passaggi, trame e momenti di matrice lo-fi e garage-rock, frequenti aperture rap e sonorità, sporche, nervose, irrequiete e selvagge, sfuggite, direttamente, agli anni Settanta più progressive-rock e più zeppeliniani, riportano Jack ai fasti del passato, al vigore dei White Stripes, al giusto mix di potenza e melodia, alla capacità di guardare la nostra realtà da angolazioni differenti, senza il timore di calpestare i piedi a qualcuno, senza alcuna riverenza nei confronti di tutti coloro che si sono, da tempo, arruolati nell’esercito di Dio, tra i salvatori delle antiche usanze, tra i difensori delle buone famiglie, tra i protettori della patria. Ci assediano da ogni lato, ci vendono, a buon mercato, le loro semplici e brutali soluzioni, predicano il loro veleno, tentando, in ogni modo, con il loro vangelo di tristi menzogne, con i loro dolciastri sermoni politically-correct, di tenerci lontani dall’autenticità, dall’oggettività e dalla veridicità dei fatti e, in particolare, da queste ardenti e blueseggianti rivelazioni di fuoco e di zolfo che risvegliano le nostre povere anime dannate dal loro colpevole e compiacente torpore.
Comments are closed.