Cosa eravamo? Cosa siamo stati? Cosa siamo diventati?
Ciò che abbiamo provato, in un tempo ormai trascorso, può ritornare a vivere dentro di noi?
Ero qui, un attimo fa, proprio accanto a te, ed adesso sono andato via, mi piacerebbe riscrivere questa storia, mi piacerebbe correggere tutti i miei errori passati, mi piacerebbe tornare ad essere quel semplice filo d’erba, quel luminoso mattino d’Agosto, quell’attimo eterno, sentirne la purezza, assaporarne l’innocenza, respirarne il calore, nella nuova, ritrovata, preziosa consapevolezza di poter, finalmente, essere migliore.
Ed anche se ciò adesso è impossibile, anche se ciò è innaturale, anche se la riva, sulla quale ciascuno di noi si è ritrovato, è diversa, è distante, è mutevole, è transitoria, è minacciosa, restano i suoni di questo disco, restano i suoi canti liberatori, resta, soprattutto, la festa sonora che oscilla tra il classico cantautoriale italiano e una dimensione, ricercata ed innovativa, fatta di percorsi, di ricerche e di sperimentazioni che scavano nelle profondità, remote, inquiete ed ancestrali, dell’animo umano. Le chitarre e il cantato si confondono, infatti, con il sitar e le ritmiche più tribali, tentando di esorcizzare il dolore accumulato, ma, contemporaneamente, anche di scrivere una narrazione sonora alternativa, capace di raccordare quello che ero e quello che sono oggi, quello che ero e quello che sarò domani.
Otto brani che non hanno timore di gettarsi e di confrontarsi con quei mari, agitati dalla rabbia e dalla follia, che deturpano il nostro mondo; pensiamo che le nostre tecnologie ci rendano migliori o ci tengano al sicuro, ma, intanto, il passo lento dei blindati cancella ogni forma di umanità e di sensibilità, convincendoci che queste guerre siano inevitabili e quasi necessarie, che i morti senza nome e le distruzioni siano il prezzo da pagare per tutti i torti subiti, le ferite patite o le lacrime versate, ma è evidente che queste sono solamente scuse. Parole false con le quali tentiamo di ripulire le nostre coscienze, perché, in fondo, noi abbiamo le nostre competizioni, i nostri impegni, i nostri appuntamenti, le nostre piccole evasioni, le nostre immagini social, i nostri obiettivi nascosti, mentre, nel frattempo, le nostre giornate diventano sempre più finte, sempre più ovvie, sempre più aride, sempre più scontate, sempre più virtuali e sempre più insensibili. Un’insensibilità che sentiamo anche dentro, che svuota il nostro cuore di ogni forma d’empatia ed amore. Ed in fondo, noi cosa siamo senza amore?
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