Il seme viene gettato nella terra; la terra, umida ed oscura, gli si stringe attorno, come una prigione, ma il seme riesce a farsi strada; germoglia e, per istinto, dal buio immobile ed oppressivo, risorge alla nuova vita e lo fa in quella che è la sua forma più fragile, più esile, più delicata, più minimale.
Ed è così anche la musica di questo nuovo album dei Linda Collins, una musica fragile, una musica che scava nell’oscurità e nelle ombre delle nostre anime inquiete e sofferenti, riuscendo, però, attraverso le sue sonorità di matrice post-folk, a ritrovare la strada più veritiera, più giusta e più umana. Una strada di sorprendete sensibilità analogica che rende la band italiana capace di orientarsi in un mondo sofisticato, complesso ed iper-tecnologico; un mondo disumanizzante nel quale solo l’aspetto formale, estetico, istantaneo, apparente e virtuale delle nostre non-esistenze sembra avere valore ed importanza, ma, intanto, attorno a noi, sia nelle nostre piccole quotidianità domestiche, che in luoghi che percepiamo come lontani e remoti, si susseguono, in silenziosa complicità, piccole e grandi tragedie che pesano, pesano enormemente, sulle nostre scelte, sulle nostre azioni concrete, sulle nostre parole, sui nostri atteggiamenti e sulle nostre coscienze intorpidite ed assuefatte.
Ma, nonostante la quiete e il senso di pace armoniosa che si respira in questi dieci brani, i Linda Collins non esitano ad aprire il vaso di morte e di distruzione, di disillusione e di irrazionalità, nel quale sono sprofondate le singole individualità, le collettività e le intere nazioni, ripagando chiunque venga ritenuto colpevole, pericoloso, diverso o distante con un rabbioso fardello di segregazione, di odio, di forza e di sopraffazione fisica. Intanto le chitarre riverberano, la dimensione acustica ed eterea dei brani ci spinge a cercare ed osare, ad andare oltre la rassegnazione, oltre la stanchezza, oltre ogni forma di comoda accettazione, oltre una visione funerea delle nostre giornate reali, oltre un’idea di ordine mondiale basata sulla prepotenza delle armi, innestando, nuovamente, in un conteso completamente nuovo e moderno, elementi sentimentali, lirici ed onirici, tipici degli anni Novanta, in quella che è una musica diversa e distante, ma, comunque, una musica profondamente altruista, gentile, ispirata e desiderosa di rimettere al centro l’essere umano, i suoi bisogni naturali, la sua felicità, il suo dolore.
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