La risposta migliore che possiamo dare al vuoto, che divora le nostre esistenze e che risucchia ogni barlume di umanità, lasciandoci in un mondo reale di conflitti, di accuse, di vendette, di perdite e di lutti, è curare la bellezza; estirparla dalle profondità delle nostre anime succubi e metterla a fattor comune, per realizzare, assieme, qualcosa da offrire e da condividere con gli altri, gli sconosciuti, quelli che, molto probabilmente, non vedremo mai, non conosceremo mai, non incontreremo mai, ma che, come noi, vivono le medesime difficoltà, le stesse paure, le stesse necessità, i medesimi dubbi.
Dunque, fedeli alla loro causa, alla loro libertà, alla loro sensibilità, gli Smile pubblicano, in questo malandato e bellicoso 2024, un secondo, grandioso ed emozionante album. “Cutouts” risuona, nelle nostre coscienze addomesticate, come un’esortazione a combattere il vuoto, le sue molteplici identità e le sue molteplici facce, il cui scopo, però, è unico ed è sempre lo stesso: risucchiare la verità e costringerci a vivere, o meglio a sopravvivere, in un mondo senza alcuna gioia, dove tutto è già stato detto, tutto è già stato dimostrato, tutto è già stato fatto, tutto è già stato provato e, quindi, non ci resta che affidare, ad altri, il controllo delle nostre esistenze, preferendo, di conseguenza, perderci in una dimensione virtuale di giochi, di sesso, di apparenze, di ricchezze, di corpi perfetti senza alcuno scopo.
Un disco che si presta agli ascolti ripetuti, nel quale rock ed elettronica si innestano l’uno nell’altra, generando passaggi commoventi, echi di chitarre che rimandano ad una dimensione onirica, pura ed ancestrale, mentre i bassi si sintonizzano su incalzanti e minacciosi richiami di guerra ed i contorni della realtà circostante si fanno sempre più cupi, sempre più ossessivi e sempre più maniacali. In questo contesto Thom Yorke, Jonny Greenwood e Tom Skinner prediligono la rapidità delle proprie scelte e delle proprie azioni; inutile girarci troppo attorno, inutile tentare di trovare la perfezione eterea, tanto cara ai Radiohead, perché l’incubo, adesso, è materiale e consistente e le sue parole sono quelle delle bombe, dei droni e dei missili, delle deflagrazioni che porteranno alla nascita di un mondo post-atomico, un mondo nel quale potremmo, davvero, non esserci.
Ecco perché gli Smile non bramano all’incastro perfetto o all’estasi elettronica, preferiscono, invece, confrontarsi con la dimensione oscura, con i suoi spettri famelici, illuminandoli e bruciandoli con le loro sonorità cosmic-rock, il loro pop ruvido e combattivo, i loro inquietanti groove che spaziano dal rock anni Novanta al free-jazz, dissolvendosi, alla fine, in un sussurro dal quale, sono sicuro, questa band saprà costruire il migliore futuro possibile.
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