E così, alla fine, la scelleratezza, il pressapochismo e, soprattutto, le scelte assurde del Partito Democratico Americano hanno fatto sì che quel mix letale di idee razziste, omofobe, retrograde e reazionarie, farcite da una abbondante dose di dissennato capitalismo, prepotenza, bugie, arroganza, egocentrismo e ignoranza, ostentata come fosse un merito o un vanto, portassero, nuovamente, Donald Trump alla Casa Bianca.
I Democratici d’oltreoceano, infatti, di errori ne hanno commessi parecchi: frazionati, da sempre, in molteplici correnti, divisi dalle loro nunerose faide interne, incapaci di fare davvero fronte comune, hanno preferito, inizialmente, ricandidare il vecchio presidente uscente, Joe Biden; successivamente, quando si sono, finalmente, resi conto che le cose erano, ormai, chiaramente indirizzate verso il peggio, lo hanno apertamente e pubblicamente sputtanato davanti al mondo intero, indirizzandosi tutti, in maniera raccogliticcia, sgangherata e fallimentare, sulla sua vice, la modesta Kamala Harris, che, in un attimo, da figura senza particolari meriti o capacità o visione, è stata improvvisamente promossa, dai fedeli media progressisti, come una novella Ipazia d’Alessandria, ma è ovvio che, al di là delle approvazioni di attori o di cantanti di successo, senza delle vere e proprie primarie, senza il sostegno accorato e condiviso della base elettorale, con la sola deludente esperienza delle fallimentari primarie del 2020, quando, visto lo scarso sostegno, la nostra beniamina si vide costretta a ritirare la propria candidatura, non si va da nessuna parte. La Harris, inoltre, se dobbiamo dirla tutta, si ritrovò, fortunosamente, ad essere indicata da Biden come vice-presidente, solo in seguito alle proteste susseguenti la brutale morte di George Floyd; non era certo la prima scelta di Joe.
I Democratici, quindi, dovrebbero imparare da questi errori madornali e, invece, oggi sentiamo ancora giustificazioni: Trump è brutto, rozzo e cattivo e, dunque, intercetta il voto della pancia del paese, mentre quelli più belli, più intelligenti, più sani (e più ricchi) votano per noi. Se la linea è questa, quella di una antipatica e classista visione oligarchica della società, i democratici, i progressisti e i liberali sono destinati a perdere ovunque – in America, così come in Europa o in Italia – perché qualsiasi partito, qualsiasi candidato, qualsiasi politico che si rispetti, deve essere, soprattutto, in grado di comunicare e di intercettare i voti della pancia del paese, cioè di coloro che si sentono più svantaggiati, più distanti, più insicuri e più soli, ovvero coloro che, sempre più frequentemente, scagliano la propria rabbia e la propria frustrazione contro chi sta peggio, contro il diverso, contro il migrante o contro lo straniero di turno, nonché, in generale, contro tutti quelli che pensano, a torto o a ragione, siano i responsabili delle loro difficoltà lavorative, sociali, economiche o individuali. Cari democratici, non è sufficiente fare i maestrini presuntuosi e nascondersi dietro i soliti sentiti e risentiti slogan anti-fascisti; l’anti-fascismo è una conquista fondamentale e un bene prezioso della società moderna, ma è necessario anche dare delle risposte concrete, prendere delle decisioni vere e stabilire delle regole certe ed essere in grado di farle rispettare a chicchessia.
I Democratici Americani, dopo Capital Hill, avevano sconfitto Trump e tutto ciò che egli rappresentava e rappresenta; gli stessi Repubblicani erano riusciti, in fondo, a liberarsi di un uomo che non è un vero politico e non ha nulla a che vedere con la politica sana. Egli, infatti, non nutre alcun interesse per il bene comune, non gliene frega assolutamente niente di qualsiasi principio etico, morale, giusto o democratico, egli è solamente un corrotto ed un corruttore, uno spregiudicato, violento e disonesto narcisista, che, dopo i fatti di Capital Hill, dopo il vergognoso assalto al Campidoglio, si era, finalmente, mostrato debole e senza alcuna maschera. In quel preciso momento storico Trump era un politico finito, ma i democratici, più che i repubblicani, bisognosi di un nemico comune che potesse distogliere l’attenzione della pubblica opinione dalle loro continue ed incessanti ritorsioni e rappresaglie interne, dalle loro evidenti incapacità e dalla loro vigliaccheria nel prendere quelle scelte concrete che avrebbero abbracciato e favorito, davvero, il cambiamento globale del mondo, hanno, invece, preferito e trovato più comodo continuare a riconoscere a Trump il ruolo di odioso avversario politico, l’hanno salvato e alimentato, piuttosto che iniziare, finalmente, a parlare di povertà, di sanità gratuita, di stop alla vendita delle armi, di lobby, di lavoro, di salari, di scuola, di università pubblica, di giustizia o di inflazione, sposando quelle decisioni, sia in politica interna, che in politica estera, che avrebbero potuto, veramente, rendere questo grande paese un simbolo reale e concreto, e non solamente a parole, di giustizia, di legalità, di prosperità, di benessere, di libertà e di democrazia. Invece no, si sono tenuti tutto il Male che sta distruggendo questo sciagurato pianeta.
Adesso non ci resta che assistere ad un dozzinale e dannoso reality-show a stelle e strisce, con la Casa Bianca trasformata in uno strampalato ring di wrestling, in uno squallido bordello, in un lercio fast-food, in un ufficio di rappresentanza di una società privata specializzata nel costruire odio e tracotanza, bugie e rancore, isolamento e muri, privandoci, nel frattempo, di tutti i diritti civili che sono stati conquistati, con decenni di lotta e sacrifici, dalle generazioni che ci hanno preceduto. E più che con Trump, dobbiamo prendercela con la dissennatezza, l’ottusità e la stoltezza delle ricche e vanitose oligarchie democratiche.
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