Il set solista di Laetitia Sadier è un concentrato di pop notturno e lisergico, in grado di creare, tra gli ascoltatori presenti nella piccola e suggestiva cripta del Duomo di Avellino, un’atmosfera intima, familiare ed estasiata, così da permettere loro di immedesimarsi nel prossimo e creare quelle indispensabili connessioni empatiche che ci rendono, individualmente e collettivamente, migliori.
La chitarra, il trombone, quel synth che l’artista francese chiama, scherzosamente, la sua band, le consentono di dare forma e consistenza sonora a trame oblique ed eccentriche; anche il modo con il quale Laetitia approccia alla sua chitarra è stravagante e particolare, ma assieme alle sue avvincenti melodie vocali, assieme ai suoi sguardi profondi e ai suoi movimenti di danza avanguardista, assieme ai loop elettronici, assieme alle sonorità di matrice indie-rock, spezza quello che è il doloroso cerchio dell’ignoranza; perché solamente se riusciremo a riconoscere la verità dei fatti e degli eventi, solamente se riusciremo a svelare i meccanismi oscuri che si celano dietro le scelte politiche ed economiche, solamente se riusciremo a smascherare i personaggi che intendono solo seminare la disinformazione, l’odio, la rabbia e la paura tra le persone comuni – così da metterle le une contro le altre – potremo prendere il controllo del nostro presente e progettare assieme il futuro.
Laetitia Sadier alterna passaggi più trepidanti e drammatici, ad altri che sono più morbidi e spensierati, attraversa narrazioni contrastanti – il malessere della dipendenza fisica e psicologica e il senso di libertà e di rivalsa che nasce dalle proprie passioni – la corazza con la quale, spesso, rivestiamo noi stessi e i nostri sentimenti, trasformandoci in creature insensibili e senza alcuna umanità, e la leggerezza con cui affrontiamo il buio, ogni volta che chiudiamo gli occhi e ci affidiamo al sogno, alla fantasia e all’immaginazione. Intanto le parole oscillano tra l’inglese e il francese, le visioni oniriche si confondono con i nostri ricordi remoti, la vulnerabilità delle nostre emozioni e dei nostri fragili corpi si trasforma in una forza che resiste al flusso eterno delle stagioni, alla malattia, alla vecchiaia e persino alla morte, facendo sì che la moltitudine di coscienze interiori, che ci hanno preceduto e che ci accompagnano in questo viaggio cosmico, diventino, per una sera, per questo set musicale, nella cornice magica e senza tempo di una cripta, un’unica, fremente ed impetuosa coscienza comune.
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