Il Monte Rosa e tutte le altre montagne del mondo, luoghi ideali per ritrovare e riascoltare la voce della propria anima, i suoi segreti e le sue riflessioni, cercando di comprendere quale sia il significato, il senso, il lascito delle nostre scelte e delle nostre azioni, delle tracce che abbiamo impresso nella nostra minuscola esistenza e, se siamo stati abbastanza capaci, abbastanza fortunati, abbastanza attenti, abbastanza intelligenti, anche in quella di coloro che ci hanno accompagnato, in tutto o solamente in una parte, di questo cammino.
Montagne, dunque, come dimensione spontanea dei nostri pensieri, senza che essi vengano intossicati, intorpiditi, sporcati, alternati o umiliati dalla tristezza e dalla frenesia di quei meccanismi mondani di produzione e di consumo che non hanno nulla a che vedere con il vento che soffia tra i rami, con il ghiaccio che si scioglie a primavera, con l’acqua che scorre nel torrente, con le foglie che diventano oracoli e con l’armonia di queste musiche sensuali e liberatorie, musiche introspettive che accompagnano le immagini del film “Fiore Mio” di Paolo Cognetti.
Non c’è bisogno di chissà quanti strumenti, di chissà quante parole, di chissà quanti sofisticati effetti, ma è sufficiente rimanere in silenzio ad ascoltare, è sufficiente camminare nei boschi, è sufficiente raccordarsi con quella parte della nostra umanità dalla quale siamo stati strappati, quella, appunto, del cielo e delle montagne, quella degli animali, delle piante, delle pietre e dei minerali. Antichi sentieri che abbiamo percorso in un passato remoto e che, oggi, anche grazie a questa pellicola, tentiamo di riscoprire, cercando di tornare a carpire i sussurri della natura, riavvicinandoci, di conseguenza, al lupo e al tuono, alla neve e al fiume, all’albero e al fiore.
Solo adesso, lontani dalle luci artificiali delle nostre città iper-tecnologiche, ci sentiamo in pace e riusciamo a dare più valore a tutto quello che percepiamo, sia fisicamente, che mentalmente, ed anche la musica, ovviamente, assume una consistenza più forte, più intensa, più densa, senza più urgenze, senza più calcoli, senza più dissidi, senza più corse, senza più inutili, dolorose competizioni. Qui non c’è una prima fila, non ci sono code da evadere, non ci sono sensi vietati, non ci sono confini invisibili a dividere la terra che percorriamo, ci sono solamente le nostre sensazioni interiori, i nostri piccoli destini, i santuari sacri dai quali scorga l’acqua, fresca e pura, della verità, la verità che viene dall’ammirazione delle stelle, dalle canzoni degli alberi, da tutte le cose semplici che possiamo, finalmente, confessarci.
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