E’ una metamorfosi sonora continua, quella di “You Never End”, un’esigenza di cambiamento che vuole rispecchiare, dal punto di vista musicale, quelli che sono i bisogni naturali degli esseri umani. Il movimento, la conoscenza e la contaminazione sono, infatti, elementi imprescindibili della stessa vita, anche se, oggi, in questo mondo così arido e moribondo, tutto viene traslato, ridefinito e riprodotto, in maniera artificiale, sul piano, fasullo ed innaturale, delle nostre esistenze virtuali. Ma non si tratta, ovviamente, di vero e salutare movimento, non c’è alcuna contaminazione umana, né fisica, né mentale, nessuna conoscenza profonda dei fenomeni osservati e percepiti, ma si tratta, semplicemente, di uno sterile e temporaneo consumo di informazioni che sono già lì, archiviate su qualche server remoto, a nostro comodo uso e consumo.
Nel disco, invece, diverse voci – e, quindi, diverse esperienze umane ed artistiche – si susseguono tra loro, tra i riverberi e le parole, mescolando le strade affollate di Londra con altri territori, con altri paesi, con altre tradizioni, con altre latitudini emotive, così da popolare quella che è una dimensione sonora, spirituale e narrativa, completamente nuova, misteriosa ed enigmatica, mutevole, inquieta, curiosa, volubile, ma sempre accessibile, così da da far sentire ciascun ascoltatore a proprio agio, come se si trovasse in un luogo assolutamente noto, caro e familiare.
Intanto le elettroniche si mescolano ai rumori sperimentali, agli accattivanti campionamenti e alle ritmiche decise della batteria, spronandoci a vedere oltre i limiti di una società, stanca, ansiosa e diffidente, che inculca, oramai, solamente la rabbia, il disincanto e la depressione. I Moin, invece, costruiscono un’architettura esistenziale e sonora alternativa, minimale, futurista, liberatoria, sgombra dalle tossine frenetiche della competizione, ampia, pulsante, e, allo stesso tempo, policromatica, in grado, quindi, da mescolare i diversi umori, le diverse sensibilità, le diverse suggestioni e le diverse epoche, attraversando, nel frattempo, quelle che sono nebbiose atmosfere shoegaze, accurate rielaborazioni digitali di matrice post-rock, improvvisi tornanti di chitarre noise-rock, e riemergendo, finalmente, in un mondo post-paranoico, un mondo (o un sogno?) nel quale non esistono più barriere fisiche, ogni conversazione è aperta, ogni sentimento è sincero e, soprattutto, ogni verità è intima e collettiva.
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