Ultimate Classic Rock ha, recentemente, pubblicato (link) una classifica di quelle che, secondo loro, sono le trenta migliori canzoni della storia del punk-rock. Un’impresa che, onestamente, ci è apparsa, sin da subito, impossibile, ma troviamo, invece, molto più divertente e piacevole scegliere, in maniera disordinata e scompigliata, 50 band che, per quanto riguarda il nostro attuale umore paranoico, sono o sono state punk.
Probabilmente, su alcune di queste band sarete d’accordo, su altre decisamente no, per altre, invece, non ci perdonerete il fatto di non averle incluse in questa playlist e, sicuramente, le vostre ragioni sono assolutamente valide e incontestabili, anche perché ridurre quelli che sono, oramai, cinquant’anni di punk-rock, con tutte le sue contaminazioni, le sue declinazioni, le sue divagazioni, le sue invettive, le sue interferenze e le sue rumorose contraddizioni, in una banale lista di 30, di 50 o anche di 100 canzoni, è un’operazione troppo riduttiva e limitante, che tenta di sintetizzare, in un modo che consideriamo eccessivamente superficiale, frettoloso e approssimativo, quello che, invece, non è stato solamente uno stile musicale, ma, anche e soprattutto, un movimento politico, sociale, estetico, umano ed artistico che, nel corso dei decenni, ha saputo, puntualmente, innovarsi, modernizzarsi, rinnovarsi, aggiornarsi e trasformarsi.
Il punk, dunque, oggi, può essere considerato l’unica vera forma di rock ‘n’ roll che continuerà, imperterrita, ostinata ed incurante delle definizioni, degli slogan, delle mode e delle tecnologie, a dondolare e rotolare e che, quindi, non morirà mai!
Punk will never die.
Il punk, la risposta crassiana a secoli e secoli schifosi, nei quali avevamo sempre ubbidito e detto “sì, signore”, è stato e continua ad esserlo, ma in maniera diversa, ironica, sarcastica, veemente, incalzante e perennemente attuale, la consapevole volontà di dire “no”. Un no che, ogni epoca e ogni generazione, ha interpretato e vissuto in base a quelle che erano le problematiche, le crisi, le droghe, le dosi quotidiane, le guerre, i germi, le ingiustizie o le paure che intossicavano il mondo. Nel frattempo ogni cosa mutava, ma l’arroganza delle autorità politiche, economiche, religiose e militari restava sempre la stessa; possono fingere di sorridere, di essere politicamente corretti, di essere fottutamente aperti e comprensivi, ma, in realtà, la loro prepotenza e la loro intolleranza sono sempre identiche, quelle di chi è convinto di avere sempre ragione e che, quindi, in base alla propria idea di Dio, di famiglia, di lavoro, di scuola, di scienza, di ordine, di legalità, di giustizia, di amore o di società, ha il diritto di obbligare gli altri a sottomettersi e seguire le regole, i divieti, gli obiettivi, i ruoli, gli impegni, i precetti o i comandamenti che qualcuno ha scritto e sancito su un blog, su un libro sacro, su un semplice pezzo di carta, sul cloud, su un file, su una tavola di pietra, nel metaverso o dove cazzo gli pare, per l’umanità intera, nei secoli dei secoli, ovvero finché, su questo minuscolo pianeta, ci sarà qualcuno che pretenderà di dare gli ordini e qualcuno che sarà costretto a dire “sì, signore”.
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