Ritmiche abrasive, incalzanti e veloci, quelle che ci piacerebbe ascoltare ogni qual volta entriamo nel nostro bar o negozio di dischi preferito. Sonorità che si collocano, con naturalezza e originalità, nel filone garage-punk più rockeggiante e divertente. Non contano, infatti, le coordinate geografiche, non contano le risorse o le conoscenze, non contano le distanze dal centro (ma esiste davvero un centro?), perché quello che conta sono, soprattutto, le idee, il coraggio, la passione e la voglia di mettersi in gioco, senza fare di ogni errore, di ogni intoppo o di ogni imprevisto un terribile dramma, Perché i drammi, miei cari amici, sono altri e sono altrove.
Gli Oh Telephone fanno, dunque, quello che gli pare e che gli piace, senza strafare, rimanendo, costantemente, nel territorio garage più punkeggiante, perdendosi, quando è necessario, in divagazioni psych-rock, per poi ritornare sui propri passi grazie alla loro intrinseca e palpitante bussola low-fi interiore. Riescono, in tal modo, a non apparire mai scontati o banali e ad essere sé stessi senza cadere nella trappola di qualcosa che abbiamo già sentito e risentito, anche se la loro musica, spesso, ci porta a fare paragoni o parallelismi con suoni e band del passato; suoni e band che, però, restano lì dove sono, perché il gruppo svizzero riesce sempre a sorprenderti, saltando, immediatamente, verso altri luoghi, altre stagioni ed altre fantasie sonore.
Dodici canzoni che raggiungeranno, senza alcun dubbio, il loro apice, in termini di potenza, di stravaganza e di divertimento, quando saranno suonate dal vivo, perché promettono di incendiare i palchi e di risvegliare i morti viventi di quest’epoca nefasta, quelli che non vedono, quelli che non sentono, quelli che non sanno, quelli che fanno solamente il loro sporco dovere, dal loro meschino, tossico, complice e moribondo torpore, nella speranza che il fuoco degli Oh Telephone li accompagni anche nelle loro vite, nei loro comportamenti e nelle loro scelte, soprattutto quando esse possono fare la differenza.
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