Probabilmente, in Jim Morrison, era sempre stata presente la sensazione e la convinzione di sentirsi più un poeta che un vero e proprio musicista. Nonostante egli fosse un performer eccezionale, capace di incantare ed ammaliare il pubblico, esaltandolo, sconvolgendolo o rasserenandolo a suo piacimento, ad un certo punto della sua carriera artistica, con la band all’apice del successo, in lui maturò l’idea della trasformazione e, di conseguenza, del definito passaggio dalla musica alla poesia.
Una trasformazione che Jim volle rendere anche fisica e apparente, facendo sì che il suo stesso corpo cambiasse, che assumesse una forma tale da allontanare da lui tutti coloro che ne apprezzavano solamente le movenze, l’estetica o la sensualità, per rimanere in compagnia solamente di coloro che, invece, erano interessati, soprattutto, al suo talento. Divenne sempre più simile a Burroughs e agli altri poeti della beat generation e, quindi, già prima dei noti fatti di Miami, dentro di lui, la decisione di abbandonare i Doors e ciò che rappresentavano era già stata, interiormente, presa ed assimilata.
La vera dipendenza di Jim fu l’alcool e quando, nel 1969, si presentò in ritardo sul palco di Miami, completamente ubriaco, dinanzi ad un pubblico troppo numeroso – gli organizzatori, infatti, avevano speculato, vendendo, in nero, più di 2000 biglietti oltre il limite consentito – la situazione divenne, immediatamente, incandescente e fuori controllo. Jim venne accusato di aver tirato fuori il pene e di averlo mostrato al pubblico, ma – al di là delle sue parole – nessuno, nemmeno tra i tanti fotografi presenti in sala, fu in grado di fornire una prova del fatto; ciò nonostante il cantante venne arrestato e, successivamente, scarcerato, in attesa del processo, su cauzione.
Questi fatti accelerarono, di conseguenza, il suo commiato dai Doors, “L.A. Woman”, con la cupa “Riders On The Storm”, sarebbe stato l’atto conclusivo della band, dopodiché se ne sarebbe andato via, a Parigi, con la sua compagna cosmica Pamela Courson, alla ricerca di quella poesia che egli amava tanto.
In questo contesto, prima della sua partenza, Jim rilascia una delle sue interviste più celebri, un’intervista riguardante il futuro stesso della musica rock. L’artista americano disse di immaginare un futuro nel quale un’unica persona, che, adesso, magari, stava lavorando in un oscuro e ignoto scantinato, circondata da macchine, da nastri e da altri dispositivi elettronici, potesse costruire e dare vita alla sua musica, recitandoci o cantandoci su le sue parole. Cosa furono queste parole se non una vera e propria profezia?
Jim Morrison aveva intuito che il rock si sarebbe espanso ed evoluto, e, in fondo, continua ancora a farlo, soprattutto grazie al contributo dell’elettronica e della tecnologia, consentendo, appunto, anche ad un ragazzino di creare la sua orchestra personale. Nonostante l’abuso di alcool, Jim, infatti, restò sempre una persona riflessiva, un accanito lettore, un uomo attento a tutto ciò che avveniva nel mondo, anche se, spesso, le sue parole venivano ignorate, ridicolizzate o trascurate, come avvenne, appunto, anche durante questa intervista, quando Jerry Hopkins lasciò cadere nel vuoto queste parole e questi concetti, ritenendo che fossero, probabilmente, troppo bizzarri o troppo alcolici.
Ma gli stessi Doors già avevano utilizzato il moog in maniera diversa e assolutamente sorprendente ed innovativa e lo stesso Jim così lirico e così melodrammatico, cosi oscuro e così tenebroso, così sensuale e così ipnotico, non fu altro che un grandioso precursore di quell’estetica che avremmo ammirato, anni più tardi, nella band dark, goth o new wave; band che, dai Depeche Mode a Echo And Bunnymen, avrebbero, in pratica, portato a compimento la profezia morrisoniana.
Purtroppo Jim non potè assistere a questa ennesima trasformazione della musica rock, perché Parigi e il cimitero di del Père-Lachaise furono la sua ultima dimora terrena. Morì, in circostanze mai davvero chiarite del tutto, anche a causa della scarsa competenza e attenzione della polizia parigina, per una overdose di eroina, il 3 Luglio del 1971. La deposizione di Pam e il referto della polizia sostengono che egli morì, da solo, nella sua vasca da bagno, ma altre ricostruzioni affermano che, invece, morì in un locale di Parigi, il Rock & Roll Circus, e, solo successivamente, i due spacciatori che gli avevano venduto la dose fatale lo portarono nell’appartamento nel quale viveva con Pam. Per anni ci fu chi sostenne di vederlo vivo e vegeto da qualche parte, contribuendo così ad alimentare il mito secondo cui Jim Morrison non morì quella notte a Parigi. Un sogno, in fondo, a cui tutti vorremmo credere, ma, del resto, è proprio così, perché Jim Morrison, le sue poesie e la musica dei Doors non moriranno mai.
Il suo funerale fu qualcosa di fugace, di nascosto, di minimale e di estraniante, con Pamela che, dinanzi agli altri quattro presenti, pronunciò solamente pochissime parole, estratte proprio da una sua poesia, un commiato che, ancora oggi ci riempie di profonda malinconia:
Arriva la notte con la sua legione porpora
ritiratevi ora nelle vostre tende e nei sogni
domani entriamo nella città della mia nascita
voglio essere pronto.
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