Le musiche popolari, tra le quali spicca, senza alcun dubbio, la musica rock, si sono, spesso, ispirate ad opere, autori, vicende e personaggi letterari. E non pensiamo, solamente, a quelli più noti alle masse, ma anche a quelli che, per lungo tempo, sono stati trascurati, marginalizzati e trattati con ostentata superficialità, anche perché erroneamente considerati legati ad un contesto sociale eccessivamente ristretto. Un esempio è quello dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti d’America, nel corso del Novecento, non abbiamo, inizialmente, compreso che quelle storie, pur traendo spunto e origine da esperienze fortemente auto-biografiche e di vita vissuta, andavano, invece, nella loro rappresentazione romanzata e narrativa, ben oltre quello che era ritenuto uno scenario univoco, etnico e monodimensionale, riuscendo, quindi, ad acquisire un significato e un valore universale, un significato che non fosse più legato a questa o quella identificazione culturale, storica, linguistica, nazionale o regionale.
Questo è, appunto, il caso di John Fante, un autore che, per troppi anni, non è stato sufficientemente apprezzato ed è stato, sovente, trattato, in maniera dispregiativa. Un “wop” – che era il termine con cui venivano indicati, in modo sprezzante, gli immigrati italiani – che scriveva di sé e della sua gente.
Invece, dal bisogno di riscoprire quello che è un grande autore americano del Novecento, un’anima blues della letteratura, capace di far convivere e coesistere, in maniera costruttiva, quelle che sono terre, lingue, sentimenti, pensieri e tradizioni diverse, nasce la nostra playlist paranoica, viaggio ideale attraverso canzoni che, in maniera più o meno diretta, più o meno esplicita, propongono e rafforzano, musicalmente, questa idea di condivisione. Idea che non ha bisogno di alcun confine artificiale, di alcun muro, di alcun campo minato, ma propone una interpretazione unificante ed armoniosa dell’arte, un’idea che sia portatrice di partecipazione e di vita, piuttosto che di divisione e di morte.
Questo mash-up di canzoni, apparentemente così distanti e differenti, esprime, con avvincente determinazione, la libertà di coloro che vivono, finalmente, senza pregiudizi, di coloro che possono parlare e confrontarsi con chiunque, di coloro che raccontano, con passione e senza alcuna paura, la loro storia personale contaminandola con favole, eroi, miti, fatti e tradizioni appartenenti a luoghi e a tempi diversi, dando vita così ad un’opera unica, preziosa ed interessante. Perché, car@ amic@, quando anche “i santi ti voltano le spalle, ti resta John Fante. A un gradino appena più sotto , come i supplenti di scuola. Fa meno paura e tiene in piedi le cose. Ah, quel Bandini! Bisognerebbe portarlo in processione di corsa, con tutta la banda ad inseguirlo come U’ Gioia, il Cristo risorto di Scicli, che dalla contentezza non sa nemmeno lui dove andare a sbattere” (Vinicio Capossela, dall’introduzione a “La Confraternita dell’Uva”).
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