Un vibrante e distorto sogno sonico, quello dei Bozoo, il cui stoner-rock guarda, con amorevole nostalgia, alle sonorità grunge ed alternative-rock degli anni Novanta, vivendoli, però, non come una trappola accattivante, dalla quale farsi catturare per sfuggire all’aridità e al vuoto del nuovo millennio, ma come una sorta di elisir magico. Un elisir che ci apre le porte di un mondo di voci, di emozioni, di corpi, di sensazioni, di relazioni e, ovviamente, di suoni, che avevamo sepolto sotto una massa avvilente di hit radiofoniche, di finte pose cantautoriali, di elettroniche a buon mercato e di noiose convulsioni trap.
L’abum omonimo della band italiana, invece, te lo senti addosso, sfugge alle sciocche, patologiche e verbose afflizioni dei tempi moderni, e suona come un pugno dritto nello stomaco al nostro futuro, affinché esso si carichi, finalmente, di alternative, di visioni diverse, di prospettive differenti e di una sana ed autentica dose di rabbia. Forse, incazzarsi, ormai, non è più di moda, ma i Bozoo, fortunatamente, non hanno alcuna intenzione di incamminarsi sulla strada del buonismo, ipocrita e mediatico, che va tanto in voga oggi, quanto, piuttosto, di mostrare la cruda e perfida realtà attuale, senza alcun compromesso, senza alcuna patina artificiale, senza alcun forviante preconcetto, ma scegliendo, costantemente, la direzione della sperimentazione, del coraggio, dei riff potenti, del magmatico e veritiero vento del deserto.
Un lavoro vero, con vari strati e sfumature elettriche, che, avendo assimilato il passato, lo destruttura e lo ribalta in base a quelli che sono i propri sentimenti e i propri stati d’animo, senza alcun timore reverenziale, ma con tutta la libertà e la passione possibili, la medesima libertà e la medesima passione che sentiamo esplodere dentro di noi ogni volta che lasciamo le canzoni di questo disco – o anche quelle di album ormai leggendari, da “Bleach” a “Blues For The Red Sun” – di vibrare libere nelle nostre esistenze.
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