sabato, Gennaio 11, 2025
Il Parco Paranoico

David Bowie, quante volte un angelo cade?

1969. Le comunicazioni si sono interrotte all’improvviso, ben al di là della Luna e dell’Apollo 11, nel mentre che le veloci e scivolose curve di un decennio – gli anni Settanta – lo avrebbero visto confondere e scioccare, muovendosi tra pop e teatro, cabaret e psichedelia, divertimento glam e oscure visioni nietzschiane, in un’irrefrenabile fuga da quei personaggi che bramavano catturarlo e richiuderlo in una insensibile, inviolabile e intoccabile prigione di schizofrenia.

Intanto, però, l’ambiguità sessuale, le movenze fluorescenti di Ziggy, l’isterismo dello show-business, la pressante necessità di evolversi, lo smarrimento della propria personalità e i mostri narrati da George Orwell non fecero altro che condurre i suoi impulsi creativi verso una paranoica dimensione di vaneggiamenti e di abusi, nella quale le notti erano scandite dagli UFO, dalla musica, dalle auto e dalla cocaina. E dalle ceneri, ancora calde del glam-rock, si sollevò, esuberante e luminosa, una nuova e spettacolare stella, quella della new wave. 

Una stella che David Bowie avrebbe ammirato da un luogo ferito, da una città smarrita e divisa a metà tra due mondi che si odiavano profondamente; una città nella quale la tristezza diventava il tuo vestito migliore, quello con cui era piacevole andare in giro, da un bar all’altro, con l’inseparabile amico Iggy Pop, consapevole del fatto che nessuno ti avrebbe mai risarcito per il tempo perduto, per i torti ingiustamente subiti o per essere stato gettato nella mischia senza che tu lo volessi davvero.

In questa città in guerra, sospesa tra Est e Ovest, in balia dei suoi peggiori mostri del passato, proiettata verso la musica cosmica e le arti espressioniste, su quello che era un’incredibile set cinematografico permanente, David Bowie avrebbe vissuto e svelato la sua anima e avrebbe dato forma a quelli che saranno, per sempre, tre album immensi, tre dischi intrisi di oscurità e di avanguardia, di sperimentazioni elettroniche e di pop sintetico.

Questi lavori – “Low”, “Heroes” e “Lodger” – avrebbero fatto sì che Bowie andasse molto oltre la stessa new wave, oltre Major Tom, oltre Ziggy Stardust, oltre Halloween Jack, oltre il Duca Bianco, oltre qualsiasi maschera, facendo sì che, alla fine del viaggio, ciò che davvero emergesse fosse tutta la sua umanità, tutta la sua arte e tutta la sua spiritualità: una triplice e, allo stesso tempo, unica forza creatrice. Una forza invisibile in grado di attraversare i luoghi e le epoche, travolgendo ed abbracciando generazioni diverse di ascoltatori; una forza che egli avrebbe, infine, testimoniato, quell’8 Gennaio del 2016, due giorni prima della sua dipartita terrena, in quello che è il suo ultimo album: “Blackstar”.

Questo non è un album di congedo, non è un album di addio, non è un album di lutto, ma è il trionfo della vita, perché, in Bowie e nelle sue opere, non è mai la morte ad avere la meglio, ma è sempre e per sempre la consapevolezza del suo amore e della sua passione nei confronti di qualsiasi forma di esistenza, di gioia e di bellezza; è la certezza che egli è qui, che sarà sempre tra noi e che non ci abbandonerà mai.

How many times does an angel fall?

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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