I Vanarin, con il loro terzo album, “Hazy Days”, creano sensazioni; sensazioni che non avevamo mai assaporato prima e che ci spingono a superare il bellicoso e tossico disorientamento quotidiano, nonché i limiti reazionari e perbenisti dell’accettato e del prevedibile, per reagire ai fatti, ai conflitti, agli eventi, alle persone e a noi stessi, in una maniera, però, che sia completamente nuova.
E’ questo il percorso nel quale questi otto brani, oscillanti tra un pop audace ed eclettico e atmosfere di matrice neo-soul, tentano, musicalmente, di coinvolgerci. Un percorso che non è assolutamente un ritorno a forme espressive del passato; un percorso che non rinnega ciò che è stato costruito e proposto; un percorso che non intende né sopprimere, né copiare, ma che si concentra sulla nostra evoluzione, sia collettiva, che individuale, e cerca di rispondere, con i suoi groove affascinanti e riflessivi, nonché con le sue minimali e intelligenti aperture elettroniche, ad una domanda, apparentemente semplice, ma allo stesso tempo carica di dubbi, di sofferenze, di timori e di contraddizioni: dove stiamo andando?
Una domanda che connette tra di loro i diversi brani del disco, che dona loro un sapore misterioso ed onirico, che, di conseguenza, riverbera nei passaggi più introspettivi e meditativi, lasciando che i sussurri delle nostre anime inquiete e lacerate, ferite, addolorate e, spesso, troppo assuefatte, prone ed addomesticate, si trasformino in suggestive, divertenti e liberatorie trame dub-step. Oramai è chiaro, infatti, che con la sola tecnologia, per quanto essa diventi sempre più potente, più penetrante e più invasiva, non riusciremo mai a sentirci veramente completi, collegati e soddisfatti. Ci occorre altro per poter catturare la fluidità ammaliante dei nostri sogni, le tumultuose vibrazioni provocate dai nostri incubi, il corroborante stupore dinanzi allo spettacolo del Creato, i sorprendenti e oscuri misteri della nostra mente, lo slancio che proietta le nostre idee, i nostri discorsi, le nostre opere, le nostre scelte, la nostra musica e tutto quello che riusciamo a concepire verso quella dimensione immortale che consente agli esseri umani, generazione dopo generazione, di migliorarsi, di crescere, di imparare, di vedere ed ascoltare davvero.
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