Skinner e il suo album di debutto rievocano una specifica ondata sonora che, a partire da New York, travolse l’inizio di quel florido decennio che furono gli anni Ottanta: quando la new-wave iniziò anche ad essere un fenomeno dannatamente commerciale, molti artisti e molte band della prima ondata si spinsero, in maniera profetica, in una dimensione sonora che alle aperture pop più melodiche e alle divagazioni di matrice dance, affiancava la sperimentazione, il rumore, le avanguardie free-jazz e le ritmiche afro-funk.
Questo disco guarda proprio a quella dimensione eterogenea capace di trasformare il rumore in armonia e, quindi, in un’epoca così caotica e cacofonica, come quella attuale, nella quale siamo spesso travolti dal chiasso tumultuoso, violento, cattivo e balordo che circola in rete, la capacità di orientarsi in un mondo ribollente di menzogne, di contraddizioni, di follie e di sciocchezze, risulta, ovviamente, assai preziosa, soprattutto se tutto ciò viene fatto con intelligenza, con spensieratezza e con la giusta dose di tagliente ironia. Non è la scoperta di un nuovo continente musicale, ma Skinner, dall’Irlanda, sta, semplicemente, mostrandoci angoli, dettagli, isole che avevamo dimenticato. “New Wave Vaudeville”, dunque, è un liberatorio ritorno a trame ed atmosfere del passato, che vengono, però attualizzate e interpretate in base a quelle che sono le proprie esperienze e le proprie sensibilità, senza perdere la connessione con le ritmiche funkeggiante della disco-music anni Settanta e quell’indomito desiderio di rivalsa, d’indole punkeggiante, che ci spinge a rifiutare i dictat di un mondo che vediamo sempre più compromesso, ostile, arrabbiato e decadente.
Non ne possiamo più, siamo ormai saturi e queste dieci canzoni danno una consistenza fisica alla saturazione, dando forma ad un viaggio spazio-temporale che unisce il movimento no-wave newyorkese, le aperture synth-pop degli anni Ottanta, le avanguardie artistiche della pop-art, i riverberi bowiani più danzerecci, con un secondo millennio che stenta ad avere le proprie idee, che non fa alto che riciclare qualcosa che è stato già pensato, salvo poi stancarsene immediatamente e gettare via tutto nel buco nero di un mortificante e scialbo eterno presente.
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