“IN:titolo” è un lavoro che richiede il suo tempo per dischiudersi. Ogni suo ascolto, infatti, rivelerà percorsi emotivi e musicali che non avevamo ancora intuito e scoperto, trasportandoci, abilmente, in luoghi sonori che non avevamo ancora assaporato. Luoghi metropolitani e luoghi ancestrali, angoli cosmopoliti e luoghi assolutamente intimi e privati, luoghi armoniosi e luoghi taglienti e bizzarri, nel mentre che le forze invisibili della natura si mescolano con le nostre esperienze reali, con i nostri pensieri, con i nostri sogni e con le tensioni e le contraddizioni della società moderna.
Le canzoni mostrano le loro molteplici anime, passando, con vibrante e ammaliante naturalezza, da divagazioni avanguardiste di matrice pop-rock ad appassionanti, avvincenti e fluide aperture elettroniche, senza mai soccombere alla staticità delle regole imposte, dei giudizi sommari e dei divieti, ma cercando, continuamente, una strada nuova; una strada che fosse proiettata verso il futuro, verso i misteri dell’universo, verso gli angoli nascosti delle nostre coscienze, e, allo stesso tempo, una strada che fosse sempre sintonizzata sull’urgenza, sulla tossicità e sulla precarietà del nostro iper-tecnologico e superficiale presente.
Questo disco è un po’ un rifugio terapeutico, un non-luogo nel quale poter ascoltare, assimilare e rielaborare, senza fretta e senza pressione, le voci ed i rumori, i sussurri e le interferenze, sia quelle provenienti dal mondo esterno, che quelle provenienti dalle nostre ammaccate e lacerate intimità, quelle che, in fondo, riflettono l’essenza più veritiera e più sincera dei nostri sentimenti, delle nostre incertezze, delle nostre angosce e delle nostre paure. Emozioni che, dunque, non sono sempre positive e che concorrono a dare al lavoro un tocco sinistro, sofferto, ombroso e pulsante, ma anche la determinazione a chiedere e a cercare altro, a non accontentarsi di tutto ciò che suona come ordinario, dovuto, regolare, normale o familiare, ma ad aprirsi a quelle che sono le diverse forme di conoscenza e di contaminazione, sfociando, senza timore, in dimensioni sonore osmotiche, solo apparentemente diverse e distanti tra loro.
Ed è così che Giulia Impache resta sospesa su pianeti lontani, mescolando free-jazz e sperimentazioni rumoristiche, morbide e sognanti trame dreamwave e atmosfere sghembe, oniriche ed aliene. Fili narrativi alternativi che, facendo leva sulle sue eccezionali melodie vocali, conducono alla liberazione delle nostre personalità e alla rivendicazione delle nostre autonome scelte, abbracciando e vivendo, senza più alcuna stressante forma di subalternità, le nostre percezioni, i nostri desideri, i nostri sentimenti e le nostre molteplici evoluzioni.
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