Intrappolati in un sogno, un sogno di ricerca, un sogno che fugge via continuamente, un sogno che rielabora, ricostruisce e ridefinisce schemi, modelli e priorità emotive, un sogno che ci rammenta la brevità delle nostre stesse esistenze.
Inutile e tossico, superfluo e dannoso, risulta, dunque, correre e affannarsi di continuo, disperdendo e sprecando tutte quelle immagini, tutti quei momenti, tutti quei dialoghi, tutte quelle esperienze umane che “Deep Below” rappresenta e concentra nella scia, che una creatura semplice, innocua ed indifesa, una lumaca, lascia nel suo lento, ma salvifico, appagante, significativo e piacevole cammino.
Un cammino che non può essere separato da ciò che siamo realmente, da quello che abbiamo attorno, dai petali morbidi e dai rovi spinosi e intrigati, dagli intenti e dagli imprevisti, nonché dai synth glaciali e da un paesaggio sonoro invernale, intimista e minimale, nel quale echeggiano trame new-wave provenienti dai primissimi anni Ottanta, dalla leggendaria trilogia dei Cure; trame che sono fatte di bassi penetranti e di melodie malinconiche, ma che, allo stesso tempo, sono così brillanti e luminose, in quel loro elegante e spettrale abito crepuscolare. Intanto ninne-nanna plumbee, irriverenti, veritiere, lugubri e romantiche, con le loro assuefacenti e taglienti linee di chitarra, tracciano una strada amorevole nel fitto della nebbia, trasportandoci, in maniera incosciente, nello spazio segreto della conclusiva “Sleepwalking”, laddove i sentimenti assumono una preziosa consistenza cromatica, donando, di conseguenza, riflessi gioiosi, improvvisi e insperati, ad un cielo che avevamo, per troppo, troppo tempo, immaginato, sempre, come un grigio sudario, come una tela perennemente cupa, perennemente timorosa, perennemente disperata, ma che, invece, in un attimo, ci ha mostrato quanta forza, quanto colore, quanta speranza, quanta determinazione e quanta energia, essa, in realtà, nasconda e custodisca sotto la sua intirizzita e graffiante superficie gothic-rock.
E, quindi, questo quarto album della band olandese, più riflessivo e più meditativo, riverbera di una ribellione affettiva impensabile, di una languida chiamata alla rivolta degli esseri umani che vivono, sognano, immaginano, domandano e sperano sotto questa ingombrante, supersonica e asfissiante divisa virtuale di comportamenti giusti, di facili compromessi, di strade utili e di pensieri dominanti.
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