Un dialogo sincero tra noi, esseri umani, e la Terra. Un dialogo al quale le esplorazioni strumentali e lisergiche, aspre e pungenti, affascinanti e variegate, corpose e realiste di Laura Agnusdei danno una intensa consistenza musicale, mescolando atmosfere e trame ambient, spirituali, tribali ed esotiche.
Le sue divagazioni elettro-acustiche ci spronano a guardare avanti, a non nascondere i problemi, a chiederci, con onestà, se ci stiamo davvero estinguendo, mentre le sue otto canzoni, in un miscuglio di elementi jazzistici, funkeggianti, avanguardisti e cosmopoliti, si trasformano nella danza ancestrale del mondo, nella testimonianza concreta delle forze invisibili della natura, nella voce di tutte quelle creature viventi, piante ed animali, che condividono la nostra stessa casa e che subiscono, in silenzio, gli effetti drammatici delle nostre scelte egoistiche, predatorie e irrazionali.
Forse, meriteremmo, davvero, di finire come i dinosauri, liberando, finalmente, questo pianeta di tutti i rifiuti tossici, gli scarti industriali, i veleni mortali che continuiamo, imperterriti, ad iniettare nell’atmosfera, a nascondere nella terra e a gettare nei mari, scrivendo, in tal modo, il nostro stesso triste e conflittuale, bellicoso ed arrogante, abietto e deprimente epilogo. Perché la tecnologia, per quanto possa diventare sempre più sofisticata, non potrà salvarci, se non iniziamo a ripensare, completamente, al nostro rapporto con il progresso, con le risorse della Terra, con il modo con il quale intendiamo condurre le nostre esistenze, rinunciando alla forsennata, assurda e famelica ricerca di tutto quello che possiamo bruciare, che possiamo sfruttare, che possiamo trasformare, che possiamo vendere e poi gettare via.
Ma questa follia collettiva non potrà continuare in eterno, è questo ciò che il sax dell’artista italiana tenta di chiarirci e di comunicarci; le menzogne che abbiamo scelto e, spesso, abbiamo persino votato, non cancelleranno il surriscaldamento globale o le ferite del pianeta o la pericolosa alterazione degli equilibri climatici. Certo, possiamo continuare ad offrire il controllo delle nostre vite ad uomini, aziende e organismi senza scrupoli, a despoti che ci nutrono di fandonie e di rimandi, di slogan e di battute, di petrolio e di carbone, ma, intanto, i suoni dei sintetizzatori e delle percussioni, dei fiati e della batteria, non sono più semplici riflessioni, ma vere e proprie immagini che prendono forma dinanzi ai nostri occhi, immagini che raccontano di deserti e di foreste, di fiumi e di montagne, di ghiacciai e di oceani che soffrono, che si ammalano, che subiscono in silenzio. Dunque, la domanda è semplice: come credete sarà la nostra fine?
Comments are closed.