Lasciarsi ispirare da un mito è ripercorrere, con la consapevolezza del presente, un viaggio nel passato arcaico e primitivo della nostra cultura e delle nostre tradizioni; un viaggio che non è fine a sé stesso, ma che ci aiuta a capire e a comprendere il nostro futuro, perché, aldilà degli eroi, delle creature fantastiche, degli esseri magici o divini, queste storie ci consentono di discendere negli inferi della nostra fragilità e delle nostre umane e primordiali debolezze.
Debolezze, dalle quali, purtroppo, possono emergere sentimenti, atteggiamenti, pensieri, azioni e comportamenti negativi che ci rendono infelici, ostili, cattivi, bellicosi o violenti. Queste narrazioni, quindi, non sono solamente fantasticherie di un’epoca lontana e misteriosa che non poteva contare sulla nostra sofisticata tecnologia, ma avevano e continuano ad avere, soprattutto, una funzione sociale, individuale e collettiva, molto precisa. Esse servono a metterci in guardia, ci spingono a riflettere, a dubitare, ad interrogarci, a conoscere, a immedesimarsi, a guardare oltre le apparenze, a non essere, quindi, troppo precipitosi, ingiusti, superbi o impulsi nelle nostre scelte e decisioni.
Una preziosa saggezza che diventa parte delle tradizioni popolari, dei paesi nei quali, noi stessi, cresciamo e diventiamo adulti, proprio come è accaduto a Elli De Mon e alla storia di Orso. Una storia che l’ha accompagnata e l’ha vista crescere, una storia che l’ha scossa e l’ha ispirata, una storia che le ha mostrato la cedevolezza e la vulnerabilità dell’uomo comune, ma che, contemporaneamente, le ha donato la determinazione, la passione e la tenacia necessarie a trasformare ogni immagine, ogni ricordo, ogni parola, ogni avvenimento e ogni singolo volto del suo passato, in musica. Una musica che unisce la tradizione popolare della sua terra con la world-music, con le viscerali sonorità del blues, con le atmosfere cupe e crepuscolari delle ballad dark-folk d’oltreoceano, con una naturale, spontanea, eclettica e pulsante curiosità che la spinge, attraverso l’utilizzo della sua lingua delle origini, il dialetto vicentino, a guardare all’intero pianeta, dal Veneto all’India, dall’Africa all’America, ripercorrendo quel cammino sociale, filosofico, politico ed evolutivo che l’ha conduce, con amorevole delirio, com’è già accaduto ai nostri padri, a passare del “mythos” al “logos”.
Questo disco supera, brillantemente, le ridondanti astrazioni del sacro e ritrova, oggi, adesso, nel 2025, in un mondo dilaniato dalle guerre, dalle crisi ambientali e da tante, troppe contraddizioni, la nostra memoria collettiva, la nostra essenza divina, la volontà di guardare al cosmo e la voglia di oltrepassare il caos distruttivo e vivere, finalmente, in pace ed armonia, accettando mescolanze, scambi ed influenze, idiomi e culture diverse, mentre queste dodici canzoni uniscono il piccolo paese di Santorso all’Averno, al delta del Mississippi, alla valle dell’Indo, al mar Mediterraneo, agli antichi Argonauti, che, soli, sulla loro nave, si mossero alla scoperta di terre lontane e sconosciute.
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