“Oltre il muro il ghiaccio e il silenzio”, parole efficaci, significative, preziose e potenti, parole che rappresentano, a pieno, l’essenza di questi nostri tempi moderni, l’anima inquietante di un’epoca che ci fa riscoprire, purtroppo, i fantasmi peggiori del nostro passato, nonché immagini, resoconti e narrazioni di guerra, di morte, di violenza, di follia e di disperazione, che, pensavamo, di aver, ormai, archiviato per sempre, facendoci, invece, ripiombare, improvvisamente, in incubo di contrapposizioni brutali, di minacce reciproche e di paure nucleari.
Atmosfere ostili e fameliche che l’album dei Diaframma, nonostante il suo recente quarantennale, riesce ancora a catturare, predire ed esprimere, musicalmente, con drammatico, veemente ed incisivo vigore. “Siberia”, infatti, come è stato da subito evidente anche nella serata del Dssz Club di Baronissi, non è una storia avvenuta, non è una storia passata, ma è qualcosa che sta succedendo adesso, qualcosa a cui stiamo assistendo adesso, qualcosa che possiamo cercare di influenzare e di modificare solamente se iniziamo a pensare e ad agire in maniera collettiva e solidale, altrimenti non avremo speranze.
Il concerto, dunque, non è stato un semplice e banale evento nostalgico e celebrativo, una serata romantica ed appassionante per gli amanti del goth-rock o per gli ex-seguaci della new wave degli anni Ottanta. Il pubblico presente in sala abbracciava, infatti, generazioni diverse, tutte desiderose di ascoltare queste canzoni leggendarie, di lasciarsi trasportare dai loro versi poetici, ma tutte consapevoli che non possiamo, assolutamente, più permetterci di rinchiuderci o di farci rinchiudere in in una dimensione anacronistica della realtà, per quanto essa possa apparirci piacevole, sensuale ed attraente. Anche perché la musica, soprattutto se suonata dal vivo, soprattutto se si tratta di questo album, esprime il tentativo concreto di dare una risposta collettiva a quello che il nostro disagio interiore; un disagio che, allora, nel 1984, come adesso, ci spinge a guardare altrove, a tentare di spezzare la routine angosciosa di quelli che sono meccanismi disumani, ad indagare nell’oscurità, a fare quelle domande scomode che nessuno vuole ascoltare e, soprattutto, a non accettare quelli che sono solamente comodi, ma deleteri compromessi.
Quindi, se intendiamo davvero spezzare il ghiaccio e il silenzio, se intendiamo sfuggire a quella che potrebbe trasformarsi in una inutile e stucchevole spirale di auto-referenzialità, dobbiamo agire concretamente, tentando di lanciare un messaggio chiaro a coloro che, dai loro seggi e dai loro scanni, pensano di poterci controllare e manipolare a proprio piacimento. Ne saremo capaci? O finiremo stritolati dal ghiaccio e dal silenzio di una nuova guerra fredda?
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