Una musica incisiva e rivelatrice, che si avvale del perfetto, appassionante e ammaliante miscuglio di sonorità elettroniche, acide e shoegaze, nonché di trame che si perdono nei meandri più oscuri, ossessivi e claustrofobici del post-rock, per poi riemergere, impetuosamente, sulle ali di un pop bizzarro, elettrizzante, schizofrenico e distropico.
Ed intanto le nostre anime si frantumano in mille pezzi, come le domande che avremmo dovuto urlare, come le risposte che non avremmo dovuto zittire, mentre lo scorrere del tempo ci rammenta la nostra umana fragilità e un inevitabile ed ostile sudario di rassegnazione e di terrore cade sulle nostre innumerevoli debolezze.
Un album, il terzo della band inglese, che non ci concede alcuna speranza, perché tutto quello che ci circonda è già stato contaminato, avvelenato, ferito e abbondantemente sfruttato, e, quindi, solo la musica, soprattutto quando viene suonata dal vivo, su un palco o in una semplice stanza, con le sue avvincenti e amorevoli linee melodiche, riesce, finché non finisce anch’essa per essere risucchiata dalla spirale materialista della competitività e della remuneratività, ad avere un sapore reale, vero, audace, autentico e stimolante.
Questa è la strada che i bdrmm vorrebbero tracciare, attraverso i solchi dolenti del loro disco, sul terreno mutevole, incostante, insicuro ed esitante delle nostre giornate. Qualcosa che resti, per sempre, dentro di noi, sia esso un travolgente assolo, un prezioso ritornello e o un prodigioso beat elettronico, qualsiasi vibrazione scuota i nostri corpi, esortandoli a non arrendersi, a non piegarsi, a non volare via, a non finire maciullati da quella macchina assassina alimentata dalla noia, dalla sopraffazione, dalla cupidigia e dalle menzogne. “Microtonic” è un album significativo e seducente, nel quale passaggi più sognanti, dolci e riflessivi vengono alternati a bassi profondi e ritmiche sincopate, ad un ipnotico e strumentale vento post-rock che riesce a tenerci svegli, a esserci di compagnia, a spingerci a scalare quegli stupidi muri che, noi stessi, abbiamo eretto a protezione di quello che era ed è solamente un grande, enorme, inutile e spregevole vuoto.
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