sabato, Marzo 15, 2025
Il Parco Paranoico

“I’m a freak and I ain’t changing for anything”, Billy Corgan and The Smashing Pumpkins

La recente dichiarazione di Billy Corgan sugli Smashing Pumpkins, su alcuni atteggiamenti particolarmente ostili e superficiali, a suo dire, nei confronti di una band che egli, invece, ritiene essere straordinariamente e dannatamente importante per la storia della musica rock, ci conduce a questo articolo sugli anni Novanta, sulla loro musica, con tanto di playlist paranoica. Personalmente ho apprezzato tutti i dischi degli anni Novanta, ascolto “Siamese Dream” sempre con piacere, mentre ritengo che, successivamente, dal 2000 in poi, ci siano stati alcuni album discreti, con canzoni interessanti, ed altri, invece, decisamente no.


Fu straordinario e, per certi versi liberatorio, il modo con cui gli anni Novanta permisero a tante band e diversi artisti, ma anche alle persone comuni, di confessare e di condividere, grazie alla musica, il proprio disagio interiore. Una musica che guardava, soprattutto, all’hard-rock degli anni Settanta, ma anche al punk-rock, e che, contestualizzata nel nuovo decennio, l’ultimo decennio del Novecento, un decennio che appariva promettente e carico di speranze e che non era più assillato dall’incubo minaccioso dell’olocausto nucleare, dava vita a groove massicci, potenti, ruvidi e sprezzanti di ogni inutile formalismo.

Essere sé stessi, poter esprimere, finalmente, i propri sentimenti, anche quelli più negativi, sentirsi bruciare dentro e cercare di liberare questa energia, a volte, purtroppo, auto-distruttiva, verso l’esterno, guardando anche al passato, agli Stooges, ai Velvet Underground, ai Led Zeppelin, a Jimi Hendrix o ai Pink Floyd.

In questo contesto storico, sonoro e sociale così ampio ed eterogeneo, a Chicago, gli Smashing Pumpkins pubblicano il fenomenale album “Gish”, un album intimo, fragile e vibrante, nel quale mettono in musica i loro interrogativi senza risposta, i loro dubbi, i loro timori, la loro solitudine, le loro esperienze più amare, ma anche il desiderio di oltrepassare il guado e arrivare a qualcosa di concreto, di solido e di prezioso, proprio come il successivo disco, “Siamese Dream”, un lavoro meno fragile del precedente e, quindi, decisamente più agguerrito ed incalzante, ma sempre con quell’accattivante e lisergico mix di rumore e di melodia, di rabbia e di nostalgia, di veemente e abbagliante passione e di ombre oscure ed inquietanti, ombre che, sappiamo benissimo, risiedere e sfamarsi di ciascuno di noi.

Due album molto belli, che si ascoltano volentieri, con interesse, ancora oggi, due album che assieme alla raccolta di inediti “Pisces Iscariot”, più acida e più sperimentale, conducono la band americana a prendere coscienza della propria forza, a costruire il proprio peculiare sound e a mettere, quindi, in scena il complesso “Mellon Collie And The Infinite Sadness”, un album lungo e denso di riferimenti, un lavoro malinconico e, allo stesso tempo, impegnato a cercare la strada più efficace per superare l’isolamento, il vuoto, la disperazione umana. Un album che vira decisamente verso il progressive-rock, che guarda alle sonorità più orchestrali, più drammatiche e più cinematiche del rock, per poi esplodere, in alcuni passaggi, più distorti, energici e martellanti, come avviene con la celebre e appassionante “Zero”.

Una canzone nella quale Billy Corgan esprime, musicalmente, le difficoltà che affrontiamo nel connetterci alle persone che amiamo e che ci stanno davvero a cuore; spesso, infatti, non riusciamo ad essere noi stessi, non riusciamo a vincere la nostra colpevole diffidenza, ci sentiamo vuoti e non riusciamo a superare l’io egoista, auto-celebrativo e onnipotente che ci spinge a costruire argini, limiti e confini invalicabili. Intanto, dopo i primi tre lavori più alternative-rock, questo disco conduce il pubblico a optare per letture diverse e contrastanti, alcuni ne esaltano la bellezza melodica, avvincente ed elegiaca di brani come “1979” o “Tonight, Tonight”, altri, invece, restano invischiati negli incubi, nelle crepe e negli orrori di Corgan, che sentono, in un certo senso, essere anche i propri; incubi che possono prendere il sopravvento e distruggere ogni cosa, ogni successo, ogni risultato, ogni traguardo. Proprio come avviene con gli anni Novanta, come avviene con il grunge, come avviene con gli album successivi a “Mellon Collie”, perché dopo l’oscuro, singolare e ancora interessante “Adore”, che conduce al tumultuoso nuovo millennio, nulla, ahinoi, sarà più come prima.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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