Fortunatamente, passate la cacofonia e la frenesia festivaliere, ritroviamo le atmosfere sonore, accattivanti e sognanti, di Lucio Corsi, con un album ricco di riferimenti personali, di amori ed amicizie del passato e di affascinanti trame melodiche, oltre che, con due brani, la title-track e “Tu sei il mattino”, che hanno avuto già un ottimo riscontro mediatico, commerciale e radiofonico, facendo sì che il cantautore toscano potesse arrivare a scardinare cuori che, finora, erano del tutto ignari della sua poetica spensierata, ironica, disinvolta e, apparentemente, così distante dalle tribolazioni dei tempi moderni.
Perché, in realtà, e questo era evidente soprattutto in “Bestiario Musicale” e in “Cosa Faremo Da Grandi?”, al di là dei suoi mondi fantastici, al di là delle creature magiche, al di là delle sonorità lucenti e policromatiche che si rifanno alla musica leggera italiana degli anni Settanta, c’è il nostro inquieto presente, con le sue atroci mostruosità, con i suoi incubi, con le sue ombre e, soprattutto, con il suo voler, necessariamente, riportare ogni nostra scelta, ogni nostro comportamento, ogni nostra idea, ogni nostra azione concreta ad un bilancio, sterile e pragmatico, di convenienze ed opportunità, ad un’analisi meschina di vantaggi e di svantaggi, di costi e di guadagni, di colpe e di silenzi, che, ovviamente, spazzano via, per sempre, ogni fiaba, ogni sentimento, ogni relazione, qualsiasi forma di dialogo.
E queste canzoni, sospese tra realtà ed illusione, sono una risposta semplice, diretta, coraggiosa, determinata e assolutamente saggia, molto più saggia delle teorie, degli assiomi, delle classificazioni, delle spiegazioni che questi politici, questi professori, questi esperti ed opinionisti continuano, spregiudicatamente e ostinatamente, a venderci come l’unica, l’indiscutibile, certa ed assoluta Verità. Ma di quale verità stiamo parlando?
Di quella di Pinocchio? Di quella di Don Chisciotte? Di quella di Rocko? Di quella dell’artista grossetano? Di quella di un papero di legno? Di quella di Pulcinella? Di quella della mosca che riesce, romanticamente, ad ingannare i ragni che tentano di mangiarla? Di quella scritta con i droni, con i missili o con le bombe? O, magari, è quella che la Lepre ha lasciato, tempo fa, sulla Luna, sperando che qualcuno di buon cuore, un vero e proprio duro, prima o poi, fosse in grado di andare a riprendere e riportare, finalmente, qui su questo nostro disgraziato, sciagurato e sventurato pianeta?
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