Le melodie psichedeliche, intime e folkeggianti dei C+C=Maxigross guardano nello spazio buio delle nostre coscienze sedate, laddove le abbaglianti strategie mediatiche di un sistema di potere, sempre più fluido, ambiguo, volubile, prepotente e dispotico, non riescono ad arrivare.
Uno spazio oscuro e denso, uno spazio insidioso ed angusto, nel quale, però, è possibile recuperare o, almeno, tentare di recuperare, il contatto con la verità degli eventi, dei fatti, dei ricordi, delle persone e del mondo di cui siamo parte. Perché, è bene esserne consapevoli, noi non siamo solamente merce di scambio, i nostri corpi e le nostre menti, così come le nostre sensazioni e le nostre percezioni, non sono solamente destinate ad essere vendute, comprate, manipolate ed, infine, quando non sono più utili, ad essere gettate via.
Il collettivo veronese dà, quindi, una riflessiva e suadente visione sonora ad una società sempre più priva e svuotata di valori intrinseci, intrappolata in simulacri di realtà virtuale nei quali tutto ha un costo, nella quale sentimenti ed idee sono semplicemente dei prodotti e le deficienze e gli errori sono pericolose e orripilanti vulnerabilità da cancellare e da nascondere, mentre un meccanismo micidiale ed invisibile di sorveglianza digitale ci spinge in un una spirale, ossessiva e maniacale, di perfezione estetica che non fa altro che creare nuove e mortali dipendenze, nuovi disturbi, nuovi turbamenti, nuovo malessere, nuove rabbiose sofferenze.
Eccola, dunque, l’energia oscura che pervade la nostra era di pressione negativa, mentre l’universo musicale della band italiana opta per soluzioni minimali, eclettiche e allucinate, oblique, lisergiche e sognanti, introspettive, immaginifiche e fiabesche, che trasformano quella che doveva essere una favola post-moderna in una visione, finalmente reale e veritiera, del nostro presente, intanto che il rumorismo incalzante di “Adattamento”, intriso di ritmiche tribali e di riverberi di matrice jazzistica ed elettro-acustica, ci conduce, affamati di autenticità, di sincerità, di giustizia e di giustezza, nel grembo bruciante di quell’ultima canzone, la canzone conclusiva alla quale è affidato il compito, utopistico e ottimista, della conservazione armoniosa della nostra preziosa memoria e della nostra fragile umanità, le uniche, vere risorse, positive e benevoli, a nostra disposizione, per risalire dagli inferi aberranti dell’ostilità, della guerra, della violenza e della distruzione e spargere, per il mondo, i semi rinnovati di un futuro di luce concreta.
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