mercoledì, Aprile 2, 2025
Il Parco Paranoico

William Blake e il Rock: dualità e distorsioni

William Blake, poeta ed anche pittore ed incisore inglese, è noto, soprattutto, per la sua visione mistica del mondo. Una dimensione magica e, per certi versi, fantastica, che, però, esplora, con forza e determinazione, anche temi appassionanti, coinvolgenti e perennemente attuali, come quelli dell’amore, della spiritualità, della natura e della dualità dell’esistenza umana.

Una ricerca che Blake compie anche attraverso simboli, immagini e visioni profondamente evocative, fantasiose e suggestive. Elementi unici e singolari che fanno parte, ancora oggi, del patrimonio creativo ed immaginifico della musica rock. Ecco, dunque, perché diversi artisti e diverse band rock hanno tratto ispirazione – direttamente o indirettamente – dal desiderio di libertà e di ribellione presente nelle sue opere. E, come avveniva nelle poesie di William Blake, anche in moltissime canzoni rock, questo bisogno di libertà e di ribellione viene espresso attraverso metafore e narrazioni surreali, in modo da trasmettere, in maniera accattivante e coinvolgente, l’intensità delle emozioni che sono alla base delle ricerche che ciascun individuo compie, nel corso della propria esistenza, ogni qual volta egli decida di contrastare e di sfidare le convenzioni dominanti e assaporare quelle che sono le verità celate nella natura.

Un altro tema della poetica blakiana che ritroviamo anche nel rock è, inoltre, la tensione esistente tra ciò che definiamo sacro e ciò che riteniamo profano, non solamente da un punto di vista astratto, ma andando a toccare con mano tutte le complesse e vibranti esperienze umane, sia quelle più appaganti e gioiose, che quelle più dolorose e segnanti, come la perdita, l’abbandono, la fine o la morte.

Tracciamo, allora, il legame tra Blake e il rock attraverso alcune canzoni; canzoni che non debbono essere, esplicitamente, connesse alle opere di Blake, ma che ne richiamano e ne riflettono l’immaginario simbolico e poetico, esplorando quella che è la nostra percezione della realtà, la nostra identità, il nostro rapporto con le forze invisibili dell’universo. Iniziamo, dunque, da un brano dei Joy Division, “Atmosphere”, perché anche in Blake, come in Ian Curtis, è forte, pressante e presente il tema dell’isolamento e dell’angoscia che da esso deriva. Un’angoscia distruttiva che, sovente, ci porta a sfuggire alla realtà e a trovare rifugio nel sogno come dimensione trascendentale di liberazione personale, tematica ricorrente anche in Jim Morrison e nei Doors, infatti, al di là della celebre “The End”, sono diverse le canzoni della band americana che richiamano i versi e le opere di William Blake, come “Break on Through (To the Other Side)” o quella che è nostra scelta: “The Crystal Ship”. 


In “God Is in the House” di Nick Cave ritroviamo, invece, la capacità di Blake di mescolare l’umano e il divino, spostando, però, il focus sulla travagliata, limitata, transitoria e precaria condizione umana. E qui, quindi, è obbligatorio soffermarsi su tematiche intrecciate tra loro, come quelle dell’amore e della perdita. Tematiche che ci conducono a Sinead O’ Connor e alla sua “The Last Day of Our Acquaintance”, alla sua ricerca di verità e di bellezza; un percorso che, purtroppo, può consumare e travolgere, rischiando di condurci in un mondo di ombre sfuggenti, ostili, oppressive e distruttive.


La volontà di affrontare temi oscuri, di esplorare l’eterno conflitto tra il male e il bene, tra la libertà e la costrizione, pulsa e contraddistingue anche la narrazione sonora, artistica ed umana dei Velvet Undergound e di canzoni come “Heroin” o la nostra prescelta: “The Gift”. E in questo contesto cupo ed inquietante, che ha ispirato il simbolismo soprannaturale dell’heavy-metal, il nostro sguardo cade, a ragione, sui pionieri del genere, i Black Sabbath di “N.I.B.” o di “Fairies Wear Boots”.  


Conflitti interiori che ci riportano al campo in fiamme che simboleggia la distruzione e la successiva rinascita, il caos e l’ordine, il confine osmotico tra la luce e il buio, proprio come accade ai Nine Inch Nails di Trent Reznor e alla loro “Burning Bright (Field On Fire)”; un conflitto interiore che ci fa dubitare della nostra stessa esistenza e dei valori intrinseci sui quali essa è fondata. Da ciò emerge lo slancio indagatore verso la natura nascosta delle cose, uno slancio che ritroviamo anche nella pinkfloydiana “Echoes”, nei suoi paesaggi onirici, nei suoi stati d’animo riflessivi e nei suoi intensi passaggi psichedelici, magici, evocativi e strumentali.   


Vedere un mondo in un granello di sabbia
E un paradiso in un fiore di campo,
Tenere l’infinito nel palmo della mano,
E l’eternità in un’ora.

(William Blake)

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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