Viviamo un’epoca decadente, nella quale la nostra solitudine ha una consistenza frenetica, sofferente, morbosa, caotica e digitale.
“Dog TV” assume, infatti, sia la forma di un grido disperato, quanto quella di una riflessione sonora, ironica e surreale, su una condizione umana, virtuale e iper-tecnologica, in cui il Cane e il Televisore sono gli unici nostri reali interlocutori.
Nove brani che provengono da un mondo che non esiste più, mentre la nostra arida realtà in streaming si piega alle menzogne prodotte, artificialmente, da algoritmi e da intelligenze artificiali sempre più potenti e sofisticate e noi, proprio come dei poveri cani, incatenati alle nostre favole nere, ai nostri subdoli contratti, ai nostri programmi preferiti, ai nostri tossici dispositivi di distrazione, continuiamo, imperterriti ed assuefatti, a girare in cerchio, mantenendo gli occhi fissi su uno schermo luminoso da cui provengono solamente rumori bizzarri, risate senza senso, frasi incompiute, deliri maniacali, teorie, politiche, narrazioni e complotti a buon mercato.
Il cabaret oscuro del duo torinese si trasforma, quindi, in una danza dissonante, in una danza provocante, in una danza catartica, in una danza viva e travolgente, che ci esorta ad afferrare qualcosa di vero, di concreto e di tangibile, intanto che la voce narrante intreccia le melodie elettroniche, le chitarre, i venerdì neri, i tagli nelle labbra, le odissee d’amore e passione, i corpi nudi di spettatori che credevano di essere i protagonisti ed, invece, si ritrovano costretti in una dimensione aliena, delirante e kafkiana, tra frattaglie e stanze vuote, cimiteri di cemento, brutalità, noia ed ostilità, dita in bocca e telecomandi rotti. La musica, il teatro, la performing-art sono gli strumenti della poetica spaesata di Le Piume di Morris, che, intanto, proseguono nel loro viaggio di esplorazione musicale, cinematica, letteraria ed emotiva, giungendo a quel momento fatale in cui il tempo si infrange e non ci resta che aggrapparci ai nostri pensieri della notte, quelli più lascivi, quelli più oscuri, quelli più romantici, quelli più indulgenti: i pezzi delle nostre vite in frantumi.
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