La tecnologia in sé non è cattiva, ma è l’utilizzo che ne fanno gli esseri umani a spingerla in quello che è un contesto sociale, politico ed economico in cui prevalgono solamente la prepotenza, lo sfruttamento, le perversioni e il marciume morale. Le storie narrate da “Black Mirror” non fanno altro che rappresentare le nostre vere e antiche dipendenze e, in un mondo in cui miliardari sociopatici possono determinare le politiche e le decisioni delle nazioni, ad iniziare da quella più influente, più potente, più avanzata e più armata, è evidente che la nostra realtà non può che non avvicinarsi, pericolosamente, alle vicende surreali, contraddittorie, drammatiche, fantasiose e dispotiche della serie TV inglese ideata da Charlie Brooker.
Questa settima stagione è, infatti, un vero e proprio pugno nello stomaco alle scelte compiute dai nostri governi democratici, ma anche a noi stessi che, con i nostri silenzi, con le nostre omissioni e con il nostro comodo, colpevole ed egoistico disimpegno, stiamo contribuendo a costruire una società che sta rinunciando, sistematicamente, a tutte le conquiste e i diritti civili conquistati, con decenni di lotte e sacrifici, dalle precedenti generazioni, ad iniziare da quello che è il fondamentale diritto alla salute.
Stiamo smantellando, sempre più, ogni forma di assistenza sanitaria pubblica, riducendo ed impoverendo le strutture ospedaliere statali e facendo sì che il tutto rientri in un discorso di natura prettamente economica, a vantaggio, ovviamente, delle organizzazioni e delle strutture private. Alla fine, dunque, solamente chi è più ricco e chi può permettersi di sostenere determinati costi, potrà, di conseguenza, garantire a sé stesso e ai propri cari, le cure e le medicine migliori, quelle più rapide ed efficaci, aumentando, di conseguenza, le possibilità di guarigione. “Gente Comune”, il primo episodio della VII stagione, ci mostra, infatti, in maniera brutale, il volto sorridente, affabile e disumano della sanità privata, interessata solamente a remunerare, il più possibile, sul dolore, sulle sofferenze e sulle difficoltà delle persone comuni, costrette, per continuare a vivere in modo dignitoso, a sottoscrivere abbonamenti a servizi tecnologici sempre più iniqui e sempre più costosi, che, purtroppo, condurranno quella che era un coppia normale e, nella sua normalità, felice, a compiere scelte estreme.
Una critica onesta e una descrizione veritiera di quello che è il sistema sanitario americano ormai in rovina e destinato ancor di più, sotto la folle, perversa e arrogante direzione trumpiana, alla sua completa e totale distruzione, ma, contemporaneamente, anche una critica, più velata, a tutti quei modelli consumistici e liberisti, compresa la stessa Netflix, basati sulla incessante e martellante proposta di abbonamenti sempre più diversificati, elitari, arbitrari ed esosi.
Altro episodio notevole è il sesto, l’ultimo della stagione, che ci riporta sulla USS Callister, nell’universo in stile Star Trek, nel quale un miliardario apparentemente bizzarro, superficiale, narcisista ed eccentrico, fa di tutto, anche ammazzare, per salvarsi il culo.
Il nostro mondo, purtroppo, è davvero un posto crudele e le persone sono davvero orribili, il terrore perpetuo, come viene detto nell’episodio “Plaything” sarebbe, molto probabilmente, la scelta più razionale, ma, nonostante tutto, la serie vuole lasciarci almeno un piccolo e prezioso barlume di speranza per il futuro, sempreché, però, saremo disposti a tornare sui nostri errori e ad imparare da essi. Ed è, in fondo, quello che ci invita a fare un altro dei nuovi episodi, “Eulogy”, un viaggio nella complessità dei nostri rapporti affettivi e, allo stesso tempo, un viaggio nella nostra memoria passata, negli eventi che abbiamo, volutamente, messo da parte e dimenticato; un viaggio che ci mostra come, spesso, le nostre decisioni sbagliate nascono da quelle insicurezze che trasformiamo in assiomi e certezze assolute, finendo, in tal modo, in una spirale di auto-assoluzione e di auto-commiserazione nella quale ci convinciamo, sempre più, di essere necessariamente nel giusto e rifiutiamo, a priori, quelle che sono le ragioni, i pesi, i bisogni e le difficoltà di coloro che abbiamo davanti.
Un approccio esistenziale distruttivo che, successivamente, ci porta a negare la stessa realtà dei fatti e degli eventi, rinchiudendoci in una bolla virtuale di menzogne nella quale io, la mia ristretta cerchia sociale, la mia parte politica e il mio paese siamo nel giusto e tutti gli altri sono cattivi e malvagi, compiono scelte folli e sbagliate e vivono nel peccato, nel torto e nell’errore. Il nostro pensiero, quindi, non può che andare, ancora una volta, a quegli uomini di potere – sapete benissimo a chi ci riferiamo – che con le loro parole, con i loro atteggiamenti e, soprattutto, con le loro decisioni provocano, direttamente o indirettamente, immani dolori, atroci sofferenze, ingenti distruzioni, assurde violenze, brutali assassinii.
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