“The Spin”, il nuovo album dei Messa, è fluido e potente, nonché desideroso di muoversi e di esplorare territori sonori più ampi, dal progressive-rock alle divagazioni ambient dei sintetizzatori, senza, però, mai perdere di vista l’essenza enigmatica, meditativa, onirica ed oscura che caratterizza il loro sound.
Una ricerca liberatoria e svincolata da qualsiasi pregiudizio che li conduce ad assaporare e fare proprie trame di matrice jazzistica, mediterranea, psichedelica, metallica ed elettronica, riuscendo, in tal modo, a connettere, in questo album, mondi musicali eterogenei, così da dare vita a trame sonore in grado di scorrere senza alcun impedimento, abbracciando tempi e luoghi distanti tra loro ed attingendo, contemporaneamente, da una tavolozza darkeggiante in grado di offrire molteplici, imprevedibili e inattese tonalità, poiché è ormai evidente che la realtà, le persone, i rapporti, le loro scelte e le loro conseguenti azioni non sono mai state, né potranno esserlo, o soltanto nere o soltanto bianche. Bisogna, invece, tener presente tutte le sfumature, le interpretazioni, i riflessi e le prospettive che ci permettono di fuggire da quella che sarebbe una lettura bidimensionale falsa, opprimente, semplicistica, scontata e superficiale dell’esistenza.
I Messa, facendo propri questi svariati orizzonti ed incanalando, nel loro cerchio narrativo, in perenne e vibrante rotazione, l’energia analogica del passato, le intemperanze rumorose del presente e le trepidanti visioni del futuro, riescono a rimettere assieme tutti i pezzi nei quali le nostre piccole vite sono state ridotte, cercando, allo stesso tempo, di scuotere quei sentimenti che abbiamo lasciato affogare nel torpore velenoso della modernità digitale, così da poter, nuovamente, tornare a sentire e ad ascoltare la voce remota delle nostre stesse emozioni, quelle che abbiamo perduto, quelle che abbiamo dimenticato, quelle che abbiamo svenduto, quelle che ci sono state negate e portate via.
Ce la faremo, dunque, a riprendere il controllo? E, soprattutto, quando lontano riusciremo ad andare? Perché, purtroppo, il Tempo è crudele, i torti passati e le promesse tradite continuano a far sanguinare i nostri cuori e noi siamo ancora troppo presi dalle nostre ragioni, dai nostri impegni, dalle nostre corse frenetiche, dalle nostre assurde ed inutili competizioni.
Ma la band italiana ci offre, però, uno spiraglio di salvezza blueseggiante, uno spiraglio fatto di chitarre spavalde e di assoli magmatici, ma anche di armonie leggere e di una voce ammaliante che trasformano le ritmiche brucianti e distorte in una dolce ed improvvisa ballata dall’anima doom, un attimo prima che una tempesta di sintetizzatori, magicamente incastonata su un cielo hard-rock, ci ridesti, con un bacio violento, dal sonno mortale che ci priva di una coscienza, di un destino, di un’alternativa.
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